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Poesia

Cimitero delle Porte Sante – Firenze


 

Ieri gialle

oggi arrossiscono le bacche del viale.

Cogliendo il vento i cipressi si inchinano,

puliscono le punte.

 

Qualche fiore in ritardo

sboccia timido, nascosto al resto

che invece sta morendo.

 

Là un ultimo cancello

zeppo di storie e storia,

presunzioni assopite per sempre,

grandezze insigni ritornate quiete,

piccoli vialetti, incroci, salite e discese

polvere incrostata, ossidi, erbe casuali,

come di città abbandonata,

che vive nel silenzio, sottoterra.

 

Qualche fiore finto,

consunto dal tempo, scolorito,

anche sui marmi sta sparendo il nome,

come nella memoria consumata.

 

Qualche vecchio si aggira tra le tombe,

cercando ancora quello che non trova,

forse una porta aperta nel ricordo.

 

Un vasto ricordo

che include odori, ritmi, mille suoni

d’una città scomparsa ormai da tempo.

 

Rari giovani saltando

lanciano a caso memorie nel futuro.

 

Corrono, in un andare ignoto…

e torneranno qui tra qualche tempo…

 

Qualcuno gli indica il trisnonno,

guardano, ridono piano, alzan le spalle.

 

Intanto il tempo che abita qui dentro

guarda da lontano, con pazienza.

 

il resto è pietra.

 

Abner Rossi

6 ottobre 2016

pietra

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Poesia

1° Novembre (anniversario della morte di mio padre)


1° Novembre

(anniversario della morte di mio padre)

 

Pensavo solamente al gioco

correndo tra le tombe a sette anni:

con quelle foto sbiadite sulle croci,

con quei fiori lì da troppo tempo,

con quelle gobbe di terra tutte uguali.

 

Qualcuno si segnava,

altri biascicavano parole silenziose,

altri, le donne soprattutto, pulivano

quei marmi resi opachi dal ricordo.

 

Ed io correvo…senza alcun rispetto

e penso ancora di esser stato saggio,

in fondo è bene scherzare con la storia.

 

E lì di storia ce n’era proprio tanta

la storia di un paese passato, andato,

sommerso ormai in mezzo a tante erbacce.

 

Abner Rossi

1° Novembre 2013

(poesia depositata siae)

abner-rossi4

 

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Poesia Teatro

Aprendo le braccia (per San Valentino)


dopo di te,

dovrei stendermi sopra un pavimento,

aprendo le braccia, senza lacrime,

spegnendo la luce, sperando di cedere calore

e che l’abisso mi prenda

dandomi la forza che non ho di scomparire.  

 

Poi la pazzia interrompe il tempo,

sono un freddo dolore che non passa,

un corpo a cui posso dire addio.  

 

Un vuoto a perdere da non restituire,

un’assenza proiettata all’infinito

e non c’è luna dove posso andare.  

 

Se è vero amore sarò vivo e solo.  

Pronto a parlarne e poi tacendo.  

 

Abner Rossi 14 Febbraio 2013 (San Valentino) tombe    

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Poesia

Risalendo (verso Serpiolle)


 

Risalendo (verso Serpiolle)

Per balzi si inerpica la strada

stretta, da pietre e polvere segnata.

Da un lato vecchi rovi di more

come callose mani attorcigliate,

dall’altro l’orto degli ulivi.

 

A metà del passo,

come limbo che alla vetta aspira,

ciò che fu Paese: ancora voci,

rumore di mestieri, odor di cucina,

il passar oltre di donne indaffarate,

grida di festa, aquiloni e giochi,

loquaci code alla fonte del paese.

 

Intorno file di cipressi a coppie

vecchi e cari amici lasciati e ritrovati,

gazzozzole per terra, fronde secche,

ombre e nascondigli ormai coperti

da sterpi troppo a lungo abbandonati.

 

In alto, dove strada si conclude,

alcuni gradoni di pietra sbrecciata

e poi la chiesa che sa ancora di pane,

di fieno, di antica pazienza contadina.

Il cimitero…e poi il ritorno

finalmente in discesa

come il tempo.

 

Abner Rossi


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Poesia

Il triste annuncio


Non leggo sui giornali i necrologi,

ho idea che sian becchini quelli che lo fanno,

ma di recente ho letto sopra un muro

un manifesto a lutto con su scritto il nome

di un caro amico, lontano nel ricordo

che, lo confesso, leggendolo lì,

affisso su quel muro,

all’improvviso mi è tornato a mente.

.

Sul manifesto, firmato dalla moglie

e da tutta la genia della famiglia,

solite tiritere: il caro estinto…

se n’è andato…tanto rimpianto…

in mezzo a tanto amore, per sempre

al buon marito, allo splendido padre,

fulgido esempio, gran lavoratore.

.

Continuando a pensare camminando

ridevo dentro di me per quelle frasi.

Non è la prima volta, mi dicevo:

si sa, la morte esalta il bene, le mancanze

e azzera nel contempo tutti i danni.

.

…ma nel caso del Gino,

il caro vecchio Corsi, si stava veramente

esagerando.

.

Allora gli ho scritto io l’epitaffio adatto.

.

Qui giace il Corsi, grande puttaniere,

disoccupato cronico, grande bevitore,

mantenuto nei vizi dalla moglie,

amante dei cavalli e delle carte,

generoso con gli amici, con le donne,

mai con i figli che non credeva suoi.

.

Mai un pensiero diverso da se stesso.

.

Nella sua vita ha finito un patrimonio,

lasciato da sua madre, gran signora

un po’ bagascia forse, ma signora,

attenta a come si sfrutta la bellezza

con ogni mezzo ed anche con un uomo,

che, è risaputo, non era solo uno, 

erano molti di più…ma si parla di una morta,

e quindi, da defunta, saggia, brava e buona.

.

Il Caro Gino,

l’uomo più indebitato del quartiere:

pago dopo, diceva, paga mia moglie

appena riscuote. E sua moglie pagava

indubbiamente, senza aver mai da ridire.

.

Caro il mio Corsi…quanto abbiam bevuto,

che grandi sbornie e che grandi giocate.

Te lo ricordi quel cavallo grigio?

E quella tipa amica di tua moglie

che è stata la tua amante per trent’anni?

.

Certo la vita te la sei goduta,

l’hai presa sempre per il verso giusto,

tanto si muore tutti con le stesse cose”

la tua affermazione preferita,

la tua filosofia da quattro soldi.

.

Eppure adesso, guardando il manifesto,

del “caro estinto”,

la dedica che ti fanno i tuoi parenti,

l’amore di tua moglie e dei tuoi figli,

devo per forza essere d’accordo

e convenire che in fondo avevi ragione.

.

Se uno come te, un perdigiorno,

diventa esempio di rigore,

oggetto di rimpianto,

esempio da spacciare ai quattro venti…

hai fatto bene ad essere te stesso,

hai fatto bene.

.

hai fatto bene e …basta.

Abner Rossi